Dossier Misterbianco: fra storia e futuro incerto.
C’era una volta la città della zona commerciale più vasta del Meridione. C’era una volta la città “Porta d’Europa”. C’era una volta la “città dei servizi”. C’era una volta la città del “Carnevale dei costumi più belli di Sicilia”. C’erano una volta a Misterbianco tutte queste cose assieme. C’era una comunità che cercava una sua identità, una collocazione, un ruolo nello scenario metropolitano catanese. Stretta nella sua dimensione geografica “né carne né pesce”, né montagna né mare. E troppo vicina al capoluogo per non subirne le contaminazioni. Una comunità che cercava una certezza, una prospettiva, una direzione in chiave di sviluppo.
Che cosa è rimasto di tutto ciò? Che cosa è rimasto di quelle realtà? Che cosa di quei progetti e di quei sogni? Vediamoli uno per uno.
La città dello shopping. Né adagiata sui verdi contrafforti etnei, né lambita dalla brezza salmastra dello Ionio, Misterbianco non ha mai potuto aspirare a una definita identità turistica. Solo una lunga e operosa tradizione contadina, sfociata in un timido tentativo di prima industrializzazione. Per virare, tra gli anni 80 e 90, in una improvvisata vocazione commerciale. C’erano disponibili oltre 80mila metri quadrati di superficie, posti al centro dei più importanti assi viari e di mobilità siciliani: SS 121, Tangenziale di Catania, Asse dei servizi per aeroporto, porto, interporto e zona industriale.
Furono attirati da questo scrigno seminascosto prima piccoli e grandi negozi all’ingrosso e al dettaglio, poi famosi marchi della grande distribuzione nazionale. E poi, brand dell’abbigliamento, catene di elettrodomestici, fast food alla american. E carovane di clienti e visitatori che ogni giorno di ogni settimana ne intasavano strade ancora inadeguate. Insomma, era quella che a ben dire veniva definita la «capitale dello shopping».
Un bengodi che pareva non dovesse finire mai.
Invece, i tempi cambiano. E con loro cambiano le abitudini, i gusti, le strategie del marketing. Sono i centri commerciali di nuova generazione ad attirare i grandi marchi, a imporre nuovi costumi alle masse di consumatori abbagliati dal nuovo concetto di loisir: lo shopperntaitment. Acquistare, spendere divertendosi. A Misterbianco, le insegne luccicanti di un tempo hanno lasciato il posto ai colori sbiaditi dei cartelloni “si vende”-“si affitta”. E dove non ci sono “lanterne rosse” dei nuovi padroni orientali, a fare bella mostra di sé c’è la ruggine delle ringhiere o il giallo appassito delle erbacce.
Fine prima parte
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