Con “due” piedi in Paradiso Addio a Bud Spencer, protagonista del cinema italiano

E lasciatelo morire in pace, Carlone nostro.

Lui se ne è andato a 86 anni, sereno, in grazia di Dio, pronunciando un “grazie” ai parenti che lo hanno accompagnato verso la fine dei suoi giorni.

Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli, attore ed ex campione di nuoto, è stato tutto quello che avremmo voluto che fosse un nostro congiunto, un amico, un parente stretto: simpatico, ironico, protettivo, dissacrante quanto bastava, mai noioso.

Eroe di un cinema popolare, trasversale sia dal punto di vista culturale che generazionale, tanto da richiamare sempre l’immagine dei nonni che portano al cinema i nipoti, nella difficile impresa di non risultare giovanilistico per gli uni o fuori moda per gli altri.

I suoi film, con a fianco l’amico Terence Hill, sono stati capaci di portare sugli schermi gli sganassoni “buoni”, quelli che colpiscono sempre i cattivi e che fanno male solo a loro, perché i buoni incassano, ma non crollano mai definitivamente.

Roba da far impallidire Carl Schmitt e la sua dinamica “amico-nemico”.

Decine e decine di tormentoni, film cult, scene che rimarranno nella nostra memoria di quarantenni (nel caso di chi scrive n.d.r.) come indissolubilmente legate alla spensieratezza, alla giovinezza, alla leggerezza della quale ciascuno di noi ha sentito e sente bisogno nella propria vita, fra i mille problemi della vita quotidiana e i cineforum coi film in eschimese sottotitolati in kazako, che fanno tanto intellettuale.

Quanto è difficile strappare un sorriso, zio Bud: eppure tu ci riuscivi sempre, anche con la mimica facciale, quella dei grandi attori, nella cui categoria non verrai mai annoverato dai critici a la page, ma chissenefrega.

Comanda il pubblico e il pubblico oggi guarderà i palinsesti per andare a cercare Pari e Dispari, Piedone l’Africano, Continuavano a chiamarlo Trinità, Altrimenti ci arrabbiamo, Non c’è due senza quattro, I due superpiedi quasi piatti, Lo chiamavano Bulldozer e chissà quanti altri, per rivederli, ridere, piangere, tornare indietro nel tempo.

Lasciatelo in pace e non scervellatevi troppo per sapere se fosse di destra (non ne faceva mistero, peraltro), cattolico integralista, un po’ bigotto: lasciamo questo esercizio di arruolamento post mortem ad altri, ansiosi di incollare etichette sulle persone e giudicarle per stereotipi.

A noi basta ricordarne la carriera di artista “arcitaliano” e quel faccione rassicurante, mentre si infila nel coro degli angeli per far ridere anche loro, stavolta per sempre.

Paolo Di Caro
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Paolo Di Caro

Classe 1972, Misterbianchese, giornalista, manager pubblico, Sommelier master class. Da due anni, vista la crisi del teatro, anche attore amatoriale. Ex runner con l'artrosi, appassionato di Dylan Dog e Corto Maltese. Per invidia. Il Bilbo Baggins che era in lui è partito, Frodo non ha più l'Anello e anche Gandalf non è che si senta benissimo. A parte questo, non molla mai.

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