Tsunami Misterbianco. Ipotesi scioglimento? L'inchiesta Revolution Bet e i rapporti mafia-politica

Duecentoventi pagine di ordinanza, intercettazioni, arresti, incroci fra clan criminali sull’asse Catania-Palermo-Trapani, con sconfinamenti partenopei. Questa, in sintesi, l’operazione “Revolution Bet”, che ha portato alla luce un sodalizio criminale dedito alle scommesse illegali online. Operazione che ha scoperchiato, però, il Vaso di Pandora delle commistioni fra politica e criminalità organizzata nel territorio di Misterbianco, grazie alle intercettazioni rese pubbliche nelle ore scorse e contenute nella medesima ordinanza.

Una bomba atomica che il sindaco Di Guardo minimizza, derubricando il coinvolgimento del suo (ex) vice-Sindaco, Carmelo Santapaola, a ‘fatto privato’, prima, “che nulla ha a che fare con la mia Amministrazione”, per poi alzare il tiro definendo i personaggi coinvolti come “pidocchi che cadono da un cavallo in corsa” o, addirittura, “quattro analfabeti”.

Uno dei “quattro analfabeti” è stato fino a ieri il suo vicesindaco, il deus ex machina del consenso nelle popolose frazioni del Paese, l’ago della bilancia alle scorse elezioni comunali, l’uomo forte del rampante parlamentare etneo del PD Luca Sammartino, “mister quarantamila preferenze”, una parte delle quali raccolte proprio a Misterbianco.

É nervoso, Di Guardo, e non potrebbe essere altrimenti: il “fatto privato” che sembrava alla base del coinvolgimento di Santapaola, é diventato col passare delle ore e dopo la lettura delle intercettazioni, uno tsunami che travolge almeno l’ultima tornata amministrativa e investe l’attività successiva.

La Procura ha una idea molto diversa dal Di Guardo sul “fatto privato”, come scrive il GIP nella propria ordinanza, parlando di “spiccata capacità di infiltrazione di detto gruppo nel tessuto politico del territorio di immediato riferimento e quindi del Comune di Misterbianco, ivi compresa l’Amministrazione comunale del Comune predetto”.

Fra intercettazioni, risultanze investigative e dichiarazioni di un pentito, Procura e GIP si spingono a scrivere di “una vera e propria occupazione sistematica dell’istituzione comunale, volta ad esplicare un controllo pieno di appalti ed assunzioni”. Altro che “pidocchi” e “quattro analfabeti”.

I Placenti, secondo gli investigatori a capo della cosca Ercolano-Santapaola nel territorio delle frazioni di Misterbianco, operavano pienamente, si legge nell’ordinanza, per il tramite del cugino Carmelo Santapaola, sia negli affari legati alle scommesse illegali, sia per i “risultati” attesi dalla presenza nelle istituzioni dello stesso.

Proprio loro, sempre in una intercettazione si spingono fino a dire che “a Misterbianco se la vede Di Guardo, mentre per Lineri, Montepalma, Belsito e Serra sarà cosa nostra”.

Una parte delle conversazioni intercettate non contengono nulla che già non si sapesse, con un controllo capillare del consenso fra i casermoni e le ex case abusive di questa fetta di territorio nella cintura fra Catania e Misterbianco, e la consapevolezza dello stesso Santapaola di essere determinante per l’elezione del Sindaco. “Duemila a mettere e a togliere, si vince o si perde”.

Proprio alla luce di questa montagna di atti la reazione del Primo Cittadino appare, oggi più che mai, come l’agitarsi confuso di un leone in gabbia, mentre su di lui piovono le richieste di dimissioni dei Grillini, le interrogazioni parlamentari al Ministro dell’Interno, le foto e i filmati precedenti alla sua elezione; tutte istantanee di quando sorrideva ai fotografi sotto braccio allo stesso Santapaola e a Sammartino e ne tesseva le lodi di “bravi carusi”, consapevole nella spregiudicatezza da politico navigato, di quanto fossero necessari, indispensabili per la sua rielezione e per la mai celata ambizione, forse stavolta fatale, di voler “morire da Sindaco”.

Il “mantra” del Sindaco antimafia, leggendo e rileggendo l’ordinanza, appare sempre più come una favoletta da raccontare ai bambini, forse ai tramortiti cittadini di Misterbianco, sempre meno disposti, però, a “bersela”. In fondo Di Guardo aveva già avuto fra le proprie fila, in una precedente esperienza amministrativa, lo stesso Santapaola, sbarazzandosene con disinvoltura quando non era più funzionale alla rielezione, giustificando la scelta con la vicinanza ai “signori della discarica”.

Oggi lo scarica troppo tardi, quando gli atti dell’inchiesta gli piovono addosso come macigni. Convoca conferenze stampa e rilascia dichiarazioni di adamantina trasparenza, ma non sarà facile stavolta venire fuori dalle sabbie mobili. La sensazione fortissima è che la vicenda sia tutt’altro che conclusa, visto anche che il filone relativo alle commistioni mafia-politica emergono mentre si segue il filone delle scommesse illegali, quasi “incidentalmente”.

La “stranezza”, che nelle prossime ore potrebbe chiarirsi, riguarda la diversa posizione di GIP e Procura sulla richiesta di arresto per Santapaola: la procura chiede l’aggravante della misura cautelare in carcere per la pesantezza del reato associativo, mentre il GIP si “limita” ai domiciliari, riscontrando in questa fase “solamente” l’intestazione fittizia di beni per conto dei Placenti. A questo punto, in attesa degli sviluppi giudiziari, la palla passa alla Prefettura e al Ministero degli Interni, che dovranno accendere i riflettori, come già accaduto in passato, sul popoloso cento etneo e valutare l’opportunità dello scioglimento dello stesso per infiltrazioni mafiose.

La Prefettura, retta, ironia della sorte, dallo zio del deputato Luca Sammartino, l’altro ieri ha prontamente “dimissionato” Santapaola.

Sul tavolo del Ministro Salvini faranno capolino adesso “pidocchi”, “analfabeti”, ras di quartiere e “cavalli in corsa” azzoppati: se non fosse una tragedia per i misterbianchesi, sembrerebbe il sequel di Febbre da cavallo.

Paolo Di Caro
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Paolo Di Caro

Classe 1972, Misterbianchese, giornalista, manager pubblico, Sommelier master class. Da due anni, vista la crisi del teatro, anche attore amatoriale. Ex runner con l'artrosi, appassionato di Dylan Dog e Corto Maltese. Per invidia. Il Bilbo Baggins che era in lui è partito, Frodo non ha più l'Anello e anche Gandalf non è che si senta benissimo. A parte questo, non molla mai.

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