L’Editoriale: Di Guardo ai titoli di coda? Inchieste, intercettazioni e l'ipotesi scioglimento

A Misterbianco va in scena il solito teatrino surreale.
La differenza è che stavolta chi minimizza, contestualizza o cerca di buttarla in caciara, sembra aver sbagliato “stagione”.
Per sciogliere il Consiglio Comunale basterebbe forse l’arroganza e i metodi da dittatorello sudamericano, il disprezzo per le Istituzioni e la “violenza” inaudita nei confronti di una giovane Presidente del Consiglio, redarguita, minacciata, umiliata, durante il Consiglio comunale straordinario.
Per sciogliere il Consiglio basterebbe la frase ripetuta come un mantra dal palco: “la mafia a Misterbianco non esiste, non esiste!”.
La mafia non esiste.
Non esiste perché c’è Di Guardo.
Inchieste sui rifiuti, funzionari coinvolti, lotte sulla Discarica a corrente alternata, rigorosamente lontane dalla campagna elettorale.

“La mafia c’era nel 1990, non adesso”, ama urlare nei comizi il “conducator”.
Ah, davvero? E certo, lo sa bene Di Guardo, perché anche tra il 1988 e il 1989, antesignano di ogni trasformismo, aveva già dimostrato di poter amministrare coi “mafiosi” in una Giunta DC-PCI, fianco a fianco con quel Paolo Arena che finirà falcidiato davanti all’ingresso del Municipio, salvo poi vestire i panni della vergine davanti alle telecamere di Samarcanda e “invocare” lo scioglimento del Consiglio, ergersi a paladino della lotta alla mafia, lanciare il fango contro il ventilatore, perché restasse memoria solo di Lui, il salvatore della patria.

Impunito e spregiudicato, ammantato di santità, negli anni Novanta, da Sindaco, assisterà alla irresistibile ascesa dei “padroni della discarica”; ma siccome era Sindaco e la malavita “se la faceva alla larga”, poteva beneficiare con decine e decine di “somme urgenze” per la pulizia del paese, pensa un po’, proprio la Ditta di riferimento dei “padroni della discarica”.

É storia, ci sono le delibere, era tutto perfettamente legale.

Li contesterà, poi, spinto dai Movimenti anti-discarica, ma con particolare trasporto solo quando amministravano gli altri.

Con Lui al comando, diventano tutti “unti dal Signore”, o al massimo inoffensivi, “pidocchi”, incidenti di percorso.

Minimizza anche adesso, Nino, e lo fanno anche i giovani vecchi che rischiano di venire spazzati via dall’arroganza di questo politico di lunghissimo corso, quelli che lo difendono contro ogni evidenza, quelli che non provano disgusto di fronte alla protervia del suo rapporto con le istituzioni, quelli che interpretano le intercettazioni, per cavillare se chiacchierare in auto con presunti mafiosi su come spartirsi Misterbianco, “lasciando a Di Guardo il centro storico”, sia semplicemente un problema di fattispecie di reato, di associazione mafiosa, di concorso esterno, di carcere o di domiciliari.

Avrebbero potuto fare Politica, con la P maiuscola, chiedendo un gesto politico, e non giudiziario, al Sindaco, quello delle dimissioni utili a chiarire le cose e non lasciare macchie sul paese e sui misterbianchesi.

Invece no: difese d’ufficio, sorrisi, nomine, vice sindaci e inaugurazioni strategiche per “cambiare discorso”.

Oggi, come ieri, Nino fa lo spavaldo, senza trovare fra le proprie fila nessuno, nessuno, che provi a farlo ragionare.

Fra pidocchi, cavalli in corsa, giovani donne Presidenti maltrattate, Santagati Assessore all’Urbanistica (pensa gli scherzi della storia) come prima, più di prima, opposizioni sbeffeggiate, PM derisi, evidenze negate, parolacce dal palco, vittimismo da avanspettacolo, antimafia da operetta, l’unica certezza è che Di Guardo uscirà di scena come mai avrebbe voluto.

Adesso, con lo scioglimento del Consiglio, probabile ma tutt’altro che certo in una Terra dalle insospettabili ambiguità e commistioni fra poteri, oppure a scadenza del mandato, ma uscirà male di scena.

Dopo aver commissionato un libro per raccontare la storia contemporanea del Paese, a lui inevitabilmente legata, vedrà in quel libro un capitolo nel quale si parlerà della fine ingloriosa di un Sindaco che pur di vincere le elezioni e “morire da Sindaco” (parole sue) è sceso a patti con ogni “diavolo” possibile e immaginabile, salvo poi scaricarlo quando l’odore di zolfo fosse diventato troppo forte anche per i suoi sonnolenti cittadini.

Stavolta a “scaricarlo”, a dimenticarlo, potrebbero essere i Misterbianchesi, loro malgrado, più per stanchezza e fastidio, che per vera e autentica passione rivoluzionaria o perché abbiano trovato una alternativa dopo tanti anni di narcotica dittatura.

Titoli di coda.

The end?

Paolo Di Caro
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Paolo Di Caro

Classe 1972, Misterbianchese, giornalista, manager pubblico, Sommelier master class. Da due anni, vista la crisi del teatro, anche attore amatoriale. Ex runner con l'artrosi, appassionato di Dylan Dog e Corto Maltese. Per invidia. Il Bilbo Baggins che era in lui è partito, Frodo non ha più l'Anello e anche Gandalf non è che si senta benissimo. A parte questo, non molla mai.

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