Cattiva gestione, malaffare, assenza di regole: benvenuti a Misterbianco pubblicata la relazione sullo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose

“A Misterbianco la mafia non c’è”.

Nino Di Guardo lo ha ripetuto dal palco a ogni occasione utile, per spiegare ai propri concittadini il miracolo italiano del paese meglio amministrato della provincia di Catania, dove i treni partono in orario, l’aria profuma di ciclamini, i bambini sorridono felici e gli asini volano. Certo, gli asini volano.

Inverosimile? Esattamente come la Misterbianco descritta dall’ex Sindaco, a giudicare dalle quarantasei pagine di relazione che accompagnano il provvedimento di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, sottoscritto dal Prefetto Sammartino e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: in paese operano attivamente le consorterie criminali dei Nicotra, i “Tuppi” alleati del clan Mazzei, i Santapaola-Ercolano e i suoi sottogruppi, particolarmente radicati nella popolosa frazione di Lineri, nella quale assume un ruolo forte il clan Placenti, particolarmente attivo nel settore dei giochi e delle scommesse online.

Come evidenziato nella relazione, richiamando l’inchiesta ancora in corso che ha portato in carcere alcuni esponenti di spicco del clan Placenti, proprio questi ultimi avevano relazioni forti anche con la Sacra Corona Unita e Cosa Nostra palermitana, attraverso “stretti congiunti” dell’inafferrabile Matteo Messina Denaro. Un sodalizio criminale forte, pericoloso e radicato all’interno del Comune di Misterbianco, come si leggerà più volte nella relazione.

Fra palco e realtà, parafrasando Ligabue, c’è di mezzo il mare.

Lo stupore per lo scioglimento dopo mesi di presunta “trasparente collaborazione” con i Commissari si rivela un patetico tentativo di nascondere la verità, vergata nero su bianco a pagina 12: “l’organo ispettivo ha riscontrato un forte ostruzionismo, malcelato dietro una apparente collaborazione e disponibilità, messo in atto da una gran parte dell’apparato amministrativo comunale. Tale ostruzionismo, attutato in modo pressochè costante durante tutta la fase di raccolta della copiosa documentazione richiesta, ha notevolmente rallentato l’attività demandata alla Commissione, costretta a reiterare più volte le medesime richieste documentali e ad effettuare numerosi accessi presso gli Uffici Centrali e distaccati del Comune”.

Insomma, il tanto decantato palazzo di cristallo, trasparente e lindo, era una invenzione, uno specchietto per le allodole. La realtà è l’omertà, l’intralcio al lavoro degli organi istituzionali, “l’ammuina” operata, si legge sempre a pagina dodici, operata in particolare da chi era stato indicato come interlocutore principale per la Commissione, chi avrebbe dovuto facilitare il lavoro di indagine e lo avrebbe, di fatto, intralciato. Le 46 pagine sono piene di OMISSIS, a coprire le identità dei soggetti coinvolti, a tutela anche del loro diritto di difendersi in quelli che saranno i procedimenti aperti a loro carico dopo la trasmissione degli atti all’Autorità Giudiziaria.

OMISSIS che, però, hanno nomi e cognomi, ruoli, responsabilità precise, spesso desumibili dalla loro posizione e dalla descrizione delle attività svolte. Dichiarazioni “evasive e sfuggenti” anche nelle audizioni rese, in pieno stile “non vedo, non parlo, non sento”.

La relazione ha preso in esame il periodo che va dal 2012 al 2017, anche allo scopo di accertare la continuità di comportamenti inquinanti e devianti dalle funzioni pubbliche nel corso degli anni, e l’esito è mortificante: l’invadenza di gruppi criminali mafiosi non è stata contrastata a sufficienza, con la “conseguenza di un attuale radicamento dell’influenza e del condizionamento mafioso, (…) nonché il regolare funzionamento dei servizi.

Centinaia di documenti vivisezionati dall’organo prefettizio che evidenziano una “mala gestio” e un “generalizzato disinteresse verso il rispetto delle normative funzionali ad assicurare i controlli sulle procedure adottate”.

Il paradiso terrestre di Misterbianco, insomma, lo era solo per chi operava fuori dalle regole, per i fuorilegge, per gli approfittatori e per chi dall’assenza di regole ne ha tratto benefici di ogni tipo, mantenendo il potere ben saldo fra le mani: episodi corruttivi e collusivi utili a consentire le infiltrazioni mafiose, un “agere” amministrativo “deviato dal fine dell’interesse pubblico, per favorire interessi di soggetti contigui od intranei a organizzazioni criminali”. Un verminaio alimentato dalla “sostanziale acquiescenza” degli organi comunali.

Un Comune terreno di pascolo per le ramificazioni di tre gruppi criminali riconducibili, come detto, a tre organizzazioni mafiose, la famiglia “Santapaola-Ercolano”, il Clan “Cappello”, il “clan Nicotra”, che “hanno nel tempo attuato e consolidato diversificate strategie di penetrazione e inquinamento dell’Ente mediante rapporti, relazioni e frequentazioni con gli organi decisionali, politici e amministrativi del Comune di Misterbianco”. Chiaro e tondo, senza forse, senza equivocabili formulette in burocratese.

La relazione si sofferma poi su alcuni fatti sintomatici e sulle risultanze di inchieste giudiziarie in corso, da “Revolution Bet” a “Gisella”, riservando un prudente OMISSIS ad Amministratori già inquisiti e ad altri che sono oggetto di indagini, sia all’interno della Giunta comunale che nel Consiglio Comunale; parla di contiguità e connivenze, di stalli di comodo e alberi tagliati per gli “amici degli amici”, di rapporti fra esponenti politici locali, a vario titolo, e i “capi” delle consorterie criminali.

Il lavoro di indagine non si è limitato, però, a scavare fra le scartoffie delle varie inchieste, ma ha evidenziato il fatto di maggiore gravità per la comunità misterbianchese: la totale inadeguatezza dell’apparato comunale, la scientifica volontà degli amministratori di lasciare che nei settori chiave della gestione dei rifiuti, delle manutenzioni e della prevenzione e contrasto all’abusivismo commerciale ed edilizio, si operasse “in un generale contesto di alterazione dei regolari procedimenti amministrativi, in assenza di adeguati controlli ed in violazione delle norme sulla scelta del contraente. Elementi che possono costituire veicolo privilegiato per le infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso”.

E la relazione fa esempi concreti, indica (coperti da OMISSIS) dipendenti comunali “parenti o affini” di esponenti malavitosi, riferisce di Gare d’appalto spezzettate ad arte, per consentire di aggiudicare ad Aziende “amiche” sotto le soglie previste dalla legge, si sofferma sulla cattiva gestione del settore dei rifiuti, in preoccupante continuità temporale, con un modus operante degli uffici “caratterizzato, ancora oggi, dal disinteresse generalizzato verso il rispetto delle normative e delle procedure di controllo sulle attività svolte”.

Fra le pagine che farebbero arrossire di vergogna chiunque, eccetto pare chi della faccia tosta ha fatto ragione della propria fortuna, c’è anche un fatto apparentemente di secondo piano, ma che viene ritenuto “sintomatico” della allegra gestione da “massaro” del Sindaco decaduto, Di Guardo: l’intitolazione di una strada a un parente di un boss vicino al “Malpassotu”, in violazione di qualsiasi norma di riferimento, che parla di “persone che abbiano benemeritato per la Nazione”, prima dei dieci anni previsti e senza alcuna comunicazione con la Prefettura, in pieno stile Repubblica delle banane.

Durissima la requisitoria sull’ufficio anagrafe di Lineri, praticamente nella totale disponibilità del Clan Placenti, come accertato dalle inchieste giudiziarie, anche per il tramite di dipendenti infedeli e amministratori comunali, senza barriere o filtri di alcun tipo. Addirittura, rileva la Commissione, le denunce di numerosi furti di materiale sensibile, dai timbri ai computer, fino ai software per produrre carte d’identità, non sarebbero mai state trasmesse dal Comune alla prefettura, come prevede la legge, per le opportune misure di rafforzamento della vigilanza e della sicurezza. Pazzesco.

E poi la famosa squadra di calcio, aiutata, favorita, immortalata in Sala Giunta alla presenza di due Amministratori sorridenti per sancire il legame forte con la Città, con al tavolo anche un esponente dei Placenti. “E che potevamo saperne”: certo, peccato che la Commissione accerti (le famose prove) che gli uffici comunali in quel frangente opereranno in maniera scientifica per far si che quella resti l’unica squadra, chiedendo alle altre pagamenti sproporzionati per i servizi, al fine di convincerli a desistere e andare altrove, come in realtà si verificherà poi. Una vergogna senza fine, soprattutto perché coinvolge cittadini ignari sopraffatti dal più odioso fra i comportamenti: l’arroganza e la prevaricazione di un pubblico ufficiale.

All’interno del settore manutenzioni le maggiori criticità, persino con una strategica deroga al principio di rotazione degli affidamenti, in contrasto con le norme dettate dall’Anti-corruzione.

Basterà l’epitaffio di pagina 34 a chiarire il modus operandi dell’amministrazione: “L’Organo collegiale ha evidenziato che dalla documentazione fornita dal responsabile del Servizio si evince che molte ditte alle quali fa ricorso il Comune sono riconducibili alla stessa compagine societaria o al medesimo rappresentante legale, ragione per cui il Comune in realtà affida i propri interventi manutentivi ad una rosa ristretta di soggetti, in sostanziale regime di oligopolio”. Può bastare a chiarire quanto schifoso, pervasivo e viscido fosse il “sistema” amministrativo al Comune di Misterbianco, che ha determinato lo scioglimento dello stesso? Oppure servirà leggere le righe successive, nelle quali si rivelano “dubbi” relativamente alla “pulizia” di alcuni di questi fornitori, per la loro riconducibilità ad organizzazioni malavitose?

Nero su bianco, anzi, nero su Misterbianco.

Documentazioni antimafia mai richieste, frazionamenti delle Gare, lavori di somma urgenza affidati ignorando l’aggiudicazione tramite mercato elettronico, per favorire altre ditte di “amici”. Illazioni frutto del complotto ai suoi danni, per Di Guardo, ma stavolta la farsa a beneficio del fan club e dei cittadini in buona fede ignari e truffati è finita: ci sono documenti, carte, atti pubblici trasmessi all’Autorità giudiziaria, procedimenti aperti e altri che si apriranno.

C’è il mancato controllo del territorio e una colpevole “disattenzione” nella lotta all’abusivismo commerciale e edilizio, in particolare nei quartieri dove più forte è la presenza dei clan. Sarà sicuramente una coincidenza. Esattamente come il patrocinio al concerto del neo-melodico poi assicurato alle patrie galere, concesso senza verificare che venisse poi convocata la Commissione Comunale di Pubblici Spettacoli, come prevederebbe la normativa.

“Pidocchi sulla criniera di un cavallo in corsa” li chiamava dal palco Di Guardo.

Pidocchi belli grossi a giudizio della Commissione, in un quadro complessivo di cattiva gestione, assenza di controllo, mancato rispetto delle regole e comportamenti omissivi utili a favorire le infiltrazioni mafiose.

Misterbianco ne esce massacrata, soprattutto perché il suo massimo rappresentante continua a negare l’evidenza, parlando di complotti, scie chimiche, nemici immaginari, operando in continuità con quello che, non a caso, la relazione sottolinea in più parti: la mancanza di rispetto per le Istituzioni, che è la porta d’accesso per il malaffare, e l’amore per l’idea malsana che un popoloso centro di cinquantamila abitanti possa essere gestito come nel far west, con lo sceriffo che fa e disfa le leggi.

Stavolta è andata male e le Istituzioni hanno alzato la voce. E non è finita.

Quegli OMISSIS verranno riempiti da pagine e pagine di inchieste giudiziarie pronte a travolgere, per l’ennesima volta, Misterbianco e la sua classe politica, silente e preoccupata di finire tutta, per intero, nell’occhio del ciclone.

E la società civile, ammesso questa locuzione abbia ancora un senso, per adesso tace.

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Paolo Di Caro
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Paolo Di Caro

Classe 1972, Misterbianchese, giornalista, manager pubblico, Sommelier master class. Da due anni, vista la crisi del teatro, anche attore amatoriale. Ex runner con l'artrosi, appassionato di Dylan Dog e Corto Maltese. Per invidia. Il Bilbo Baggins che era in lui è partito, Frodo non ha più l'Anello e anche Gandalf non è che si senta benissimo. A parte questo, non molla mai.

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