Incandidabili, una riflessione dell’avvocato Motta: «Equivoco o cosa seria? Ci vuole un giudice»
Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’avvocato Piero Motta sull’udienza di proposta di incandidabilità per nove ex amministratori del Comune di Misterbianco del 25 febbraio scorso
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È UN EQUIVOCO O UNA COSA SERIA? CI VUOLE UN GIUDICE!
Sprofondato in poltrona tra lo stanco e l’annoiato mi imbatto in un programma di Crozza che ridà vigore ad una serata altrimenti assai mesta. Il comico, vestiti i panni di altro comico oramai “elevatosi” al rango di politico, mette in scena un delizioso duetto nel quale il comico giovane intervista quello
attuale. Il risultato è esilarante ma anche un po’ amaro.
I due “Grilli” si mandano reciprocamente “a quel paese” rendendosi conto della inconciliabilità delle loro tesi! Questa comica e assai malinconica pantomima mi ha fatto venire in mente, una volta messomi a letto, il contenuto di un articolo, apparso sulla testata on line Misterbianco 3.0, che riferiva di un
processo celebrato un paio di giorni addietro presso il Tribunale di Catania.
Tale giudizio si occupava del Sindaco uscente, del suo Vice, di alcuni Assessori e qualche Consigliere
Comunale della nostra comunità cittadina.
Oggetto del giudizio era la ricandidabilità o meno di costoro a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale. Tale scioglimento ha rappresentato un fatto assai grave, non solo perché incidente sull’elettorato attivo di note personalità politiche del nostro comune ma, soprattutto, perché ha avuto
un riflesso ancor più grave posto che ha privato Misterbianco della sua rappresentanza imponendoci una gestione commissariale e macchiando, con un indelebile contrassegno, l’intera comunità.
L’increscioso e sconvolgente epilogo, peraltro già vissuto dalla nostra comunità, avrebbe dovuto trovare solide, gravissime ed eccezionali cause tali da giustificare la soluzione poi adottata dagli organi competenti.
In particolare le relazioni dei Commissari prefettizi, che hanno preceduto e “giustificato” lo scioglimento del Consiglio, avrebbero dovuto trovare in inchieste della Procura della Repubblica di Catania quelle “solide” basi da cui trarre profondo convincimento che giustificasse la richiesta (poi accolta) di scioglimento del Consiglio.
Ebbene, da tale lettura, ogni libero cittadino misterbianchese ha di che rimanere totalmente e profondamente “disorientato” poiché il contenuto dell’articolo riportava le conclusioni rese dalla Procura della Repubblica e dall’Avvocatura di Stato nel processo a carico dei nostri esponenti politici e relativo alla loro incandidabilità.
Le conclusioni appaiono stupefacenti: la Procura chiede il rigetto, l’Avvocatura l’accoglimento! Tradotto, per la Procura nessuno deve perdere l’elettorato attivo (ad eccezione di Sindaco e Vice), per l’Avvocatura, invece, tutti i chiamati non potranno essere eleggibili.
Si ha quindi netta l’impressione di un paradosso tra due organi dello Stato, Procura e Prefettura (rappresentata dall’avvocatura dello stato), che sostengono tesi tra di loro evidentemente contrapposte.
Ed infatti, se per la Procura solamente due soggetti dovrebbero subire la deminutio elettorale, mal si
giustificherebbe una sanzione così grave e dagli effetti invasivi per l’intera rappresentanza istituzionale misterbianchese quale è stato lo scioglimento dell’intero Consiglio; tale tesi, tuttavia,
cozza irrimediabilmente con quella sostenuta dalla Prefettura che ha, invece, sostenuto la massiccia e pervasiva presenza di criminalità all’interno delle istituzioni tanto da richiedere l’ineleggibilità di molti rappresentati del popolo e conseguentemente lo scioglimento delle istituzioni democraticamente elette.
È evidente, allora, che ci si trova in presenza di una incomprensibile dicotomia. Due organi dello stato che dovrebbero vigilare, indagare, sorvegliare e richiedere la punizione di soggetti responsabili di gravissimi fatti, non possono trovarsi in disaccordo tra loro a meno che una delle due entità non abbia valutato in modo non corretto quei fatti posti a fondamento delle loro conclusioni!
Ogni misterbianchese avrebbe, quindi, gioco facile nel sostenere che, mentre ai privati è consentito avere opinioni, tesi o anche argomentazioni differenti, allo Stato (ed agli organi che lo rappresentano) ciò non dovrebbe essere consentito o quanto meno non dovrebbe essere considerato fatto “normale”!
Ecco perché lo sketch di Crozza nell’immaginario collettivo apparirebbe calzante. Il comico, nelle vesti dei due Grillo, fa rinfacciare tra loro argomenti assolutamente contrapposti che tuttavia provengono dallo stesso personaggio.
Parimenti anche lo Stato, con due differenti organi, sembra ottenere lo stesso paradossale risultato esprimendo due tesi inconciliabili tra loro. Ed allora: È TUTTO UN EQUIVOCO O UNA COSA SERIA?
Purtroppo in entrambi i casi è una cosa maledettamente seria che, tuttavia, non deve apparire come una patologia del sistema bensì è un fisiologico meccanismo, ai più difficilmente comprensibile, assolutamente ricompreso nel novero del possibile.
I politici da sempre hanno avuto il vezzo di sostenere concetti per poi realizzare progetti ben diversi e quindi creare contraddizioni piuttosto evidenti; ma anche agli organi dello Stato accade abbastanza spesso di entrare in conflitti istituzionali che poi devono essere risolti da provvedimenti giurisdizionali emessi da appositi organi giudicanti.
Ed allora sorge spontaneo chiedersi quale Giudice abbia l’autorevolezza per stabilire l’esatta volontà?
Mi pare evidente che nel primo caso il corpo elettorale sia davvero la scelta più sensata mentre nel secondo, forse, sarebbe bene… che si procedesse analogamente!
27 febbraio 2021
Piero Motta
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