Antico Casale di Misterbianco, era un “oppidum” per controllare i vignaioli ribelli Il professore Antonino Condorelli documenta la struttura fortificata dell'antico nucleo abitativo
Riceviamo e pubblichiamo una nota del professore Antonino Condorelli sulle ipotesi etimologiche dell’antico casale
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Il sostantivo OPPIDI individuato negli atti dei registri parrocchiali conferma la struttura fortificata del casale di Misterbianco.
Parafrasando l’affermazione di Antonio Presti “se la meta è il sapere, i visitatori sono dei pellegrini”, mi ritengo un pellegrino che, per approfondire e divulgare le conoscenze sull’etimologia e sulla storia di Misterbianco, “visito” (cioè “leggo”) costantemente i registri parrocchiali dei battesimi (1578-1820) e dei matrimoni (1579-1716 ); consulto i riveli e i documenti dell’archivio di Stato e Storico del Comune di Catania; leggo testi scritti da medievalisti che trattano della vita cittadina e del mondo rurale della Sicilia e, in particolare, del territorio di Catania posto tra l’Etna e il mare dal Vespro ai Martini (1282-1410).
La lettura selettiva dei registri parrocchiali mi fa scoprire, ancora una volta, che il nome Misterbianco, nato per ipercorrettismi dalle scritture “mons steri albo”,”monsteri blanco”, “mosteriblanco”, “monasteriy albi” è preceduto, oltre che dai termini contrada, casale, territorio, ecclesia, matrice ecclesia, anche dall’apposizione “oppidi” presente in molti atti di battesimo e di matrimonio.
Il sostantivo oppidi non figura in forma isolata, ma precede le varie forme in cui viene citato il nome Misterbianco negli atti del battesimo dal 1593. Fino a quando il sacerdote Leonardo La Vacca, nel battesimo del primo novembre del 1620, fa precedere il nome del casale dall’appellativo “Terra” che si alterna in seguito ad oppidi fino al 1638 circa.
Quanto affermato si verifica anche negli atti di matrimonio, che presentano il sostantivo oppidi associato al nome del casale sin dal maggio 1593, per poi interrompersi il 3 maggio 1622, nell’atto di matrimonio celebrato dal Parroco Pietro Spagnolo. Anche nei registri di matrimonio l’appellativo Terra non si afferma subito ma si alterna ad Oppidi, fino al 1630 circa.
L’apposizione del termine oppidi alle varie dizioni del nome del nostro casale è stata aggiunta dai parroci e dai monaci cappellani, che officiavano nella “ecclesia” di S. Maria delle Grazie, perché l’insediamento cittadino era fortificato sia per le funzioni economiche, politiche e religiose, sia per le caratteristiche che riguardavano la sua posizione collinare strategica rispetto alla viabilità (strade poco agevoli) che collegava Catania ai paesi etnei.
“Più che di strade si trattava, in realtà, di mulattiere che collegavano i porti e le zone costiere ai centri interni. I viaggi, lenti e faticosi, oltre che per scopi commerciali avvenivano in genere per recarsi in pellegrinaggio“[1].
L’individuazione dell’uso dell’appellativo “oppidi” accanto al nome del casale conferma la mia precedente intuizione-traduzione di “mons steri albo” in acquartieramento fortificato nella contrada di monte albo o dei monti albi[2].
I toponimi mons albo, monti albi [3] e montis albis, insieme alle caratteristiche fortificate del casale, generano il nome della “ contrada Misterbianco” che “veniva a volte designata col nome di una delle due chiese che vi si trovavano: S.Maria di Misterbianco o S.Pietro di Misterbianco”[4].
A dare sostegno al toponimo montis albise, ancora una volta, al toponimo mons albo sono rispettivamente:
- un documento che “testimonia la presenza nelle contrade del bosco di Catania abitate da vignaioli di ufficiali nominati dal re (Martino Primo) che ci informa anche che il re Martino primo affidò ad Enrico Caruso la commissio capitis di contrada Misterbianco per quattro anni, ossia dal 1408 al 1412”;
- i contratti agricoli[5] del catanese rinvenuti nell’archivio di Stato di Catania tra gli atti del notaio Nicolò Francaviglia, peraltro unica fonte notarile per tutto il 400, relativi all’enfiteusi (concessa dai nobili e ancora dagli enti ecclesiastici) che ha nobilitato Catania e ha impedito che il territorio diventasse un bosco. Due di detti contratti riguardano Misterbianco e in particolare due «clausure coniunctae et collaterales» in cui lo stesso conduttore, Stefano Ciuca di Catania, concederà in gabella per un anno ad Andrea Misitano, bordonaro catanese, le due chiusure che lo stesso Ciuca aveva avuto concesse in enfiteusi da Anastasio di Anicito, perché li desinasse alla semina o all’erbaggio (è questo l’unico caso in cui l’uso del terreno viene lasciato alla discrezione del gabellato).
Questi contratti sono stati visionati e fotografati e in particolare quello tra Stefano Ciuca e Andrea Misitano in cui si legge in modo inequivocabile “mons albo”.
In sintesi, ritengo che all’attribuzione dei toponimi mons albo e monti albi contribuiscano il documentato interesse del Re Martino Primo (vedi il riquadro in basso a sin. nell’immagine di copertina, ndr), per il controllo delle contrade etnee abitate dai vignaioli ribelli, il toponimo “montis albis” del luogo in cui era ubicato in Aragona il ducato di Montblanc e la natura del suolo.
Antonino Condorelli
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[1] Patrizia Sardina, Tra l’Etna e il mare, Sicania 1995
[2]Origine dei casali di Catania, Mascaluciadoc.org,
[3]Matteo Gaudioso, La questione demaniale in Catania e nei Casali del Bosco Etneo, Libreria Musumeci, Editrice Catania 1971
[4] Patrizia Sardina, op.cit.
[5] Domenico Ventura, Nella Sicilia del 400: terra e lavoro in alcuni contratti notarili del Catanese, in Rivista di Storia dell’Agricoltura – a. XXXVII, n:1 giugno 1987
D. Ventura, Potere e Spazio urbano nella società medievale. Gli Alagona di Catania, in “Memorie e Rendiconti” dell’Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale, s. IV, vol. X (2000), pp.87-105.
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